“Il bambino e il gladiatore”: il restauro del corredo di una tomba infantile della necropoli meridionale dell’antica Patavium

Proviene dalla vasta necropoli meridionale dell’antica Patavium la tomba 19, datata alla seconda metà del II sec. d.C. riferibile a un bambino di circa tre anni, deposto con il suo piccolo giocattolo.

Data:
13 Marzo 2020

“Il bambino e il gladiatore”: il restauro del corredo di una tomba infantile della necropoli meridionale dell’antica Patavium

Dati generali

Corredo funerario composto da 14 reperti ceramici, vitrei e metallici (bronzo e ferro);
Provenienza: Padova C.so Vittorio Emanuele II, nn. 141-143;
Datazione: seconda metà del II sec. d.C.
Collocazione: Padova, Musei Civici agli Eremitani – Museo Archeologico*.

Rinvenimento, stato di conservazione e restauro

Un esteso intervento di archeologia urbana condotto nel 2012 a Padova, in Corso Vittorio Emanuele II, ha consentito di indagare un settore della vasta necropoli meridionale dell’antica Patavium**. Delle 32 sepolture emerse la più significativa e singolare è rappresentata dalla tomba 19, datata alla seconda metà del II sec. d.C. Si tratta di una inumazione riferibile a un bambino di circa tre anni deposto con un ricco corredo costituito in prevalenza da contenitori vitrei e ceramici, alcuni dei quali miniaturistici. Spicca fra tutti i reperti un giocattolo fittile “componibile” raffigurante un murmillo, gladiatore dotato di scudo e di elmo crestato amovibile (figg. 1-4). Come attestano le tracce di colore evidenziate durante il restauro e il foro sulla mano destra, il gladiatore era in origine vivacemente colorato e la sua dotazione doveva comprendere anche una spada corta, il gladium, forse realizzata in legno o in metallo (fig. 5).



A causa delle problematiche conservative, e in considerazione dell’eccezionale interesse del contesto, alcuni reperti sono stati consegnati al laboratorio a partire dalle fasi immediatamente successive al rinvenimento, in condizioni ideali per la pulitura***(fig. 6).
L’intervento sulla statuina-giocattolo è consistito nella rimozione dei depositi di sedimento ancora umidi sia mediante spatoline di legno e aculei di istrice, sia tamponando delicatamente la superficie con spugnette di gomma piuma inumidite con acqua demineralizzata. All’essiccazione graduale a T.a. è seguito il consolidamento con resina acrilica a bassa concentrazione applicata a pennello (Paraloid® B 72 in acetone al 2-3%).
In previsione del primo allestimento del corredo, per la ricomposizione del braccio destro la soluzione individuata ha dovuto tenere necessariamente conto della mancanza di un punto di attacco certo e del criterio di piena reversibilità dell’intervento. L’inserimento all’interno della cavità già presente nella statuina di un perno in plexiglass sagomato, sabbiato e fissato con un adesivo acrilico, ha assolto allo funzione di mantenere in connessione le due parti (figg. 7-10).



Il medesimo adesivo, Paraloid® 72 al 30% in acetone, è stato utilizzato anche per la ricomposizione di tutti i reperti ceramici frammentati (figg. 11-15). Per quanto riguarda la risarcitura formale delle lacune si è preferito limitare al minimo indispensabile l’intervento riservando solo alla coppa su piede l’integrazione delle parti mancanti con un impasto a base di gesso dentistico e Polyfilla rifinito con colori acrilici (fig 16).



Il gruppo dei reperti in vetro è rappresentato da un bicchiere, da una bottiglia mercuriale e da due balsamari che differiscono notevolmente tra loro per spessore del vetro e indice di frammentazione. La pulitura non ha presentato particolari problematiche in quanto lo stato di conservazione del materiale vitreo era nel complesso buono; per l’asportazione dei depositi residuali di sedimento si è quindi ricorsi a soluzioni idroalcoliche applicate a tamponcino, a pennello o con scovolini interdentali. In considerazione delle differenti caratteristiche del vetro per ciascun reperto è stato scelto il tipo di adesivo più adatto, anche allo scopo di testarne l’efficacia.
Le resine impiegate per la ricomposizione sono Hxtal® Nyl-1, araldite già impiegata con successo per l’incollaggio del vetro, Mowital® B60 HH, resina polivinilbutirralica al 10% in alcool etilico 95°, Paraloid® B72 e Paraloid® B44, resine acriliche di vasto impiego nel settore del restauro archeologico diluite rispettivamente in acetone a concentrazione variabile e acetato d’amile al 10%. In particolare Paraloid® B72 – già noto in letteratura come adesivo adatto all’incollaggio del vetro – si è rivelato molto “versatile” e, con alcuni accorgimenti, adatto non solo a vetri con un discreto spessore, come ad esempio la bottiglia mercuriale, ma anche a vetri molto più sottili quali il fondo del balsamario con bollo anepigrafe (figg. 17-19). A seconda dell’adesivo utilizzato e della sua tecnica di applicazione – per infiltrazione del giunto, mediante applicazione con pennellino a punta extra fine o con beccuccio dosatore – Il mantenimento in posizione dei frammenti molto piccoli e sottili è stato ottenuto tensionando piccole strisce di nastro adesivo di carta della 3M® e/o con cianoacrilato (Attak®) applicato “per punti” e poi rimosso (figg. 20-21).
L’intervento di pulitura ha consentito di migliorare anche la leggibilità dei reperti metallici e in particolare delle monete che, grazie a un discreto stato di conservazione, è stato possibile sottoporre a un breve lavaggio intensivo in acqua demineralizzata per l’estrazione dei sali solubili. Come da prassi, tutti i reperti in bronzo hanno ricevuto un trattamento di protezione finale con resina acrilica previa applicazione di un inibitore di corrosione (Benzotriazolo in alcool etilico al 3%). Infine, è stato restaurato anche il chiodo in ferro che aderiva per ossidazione ad uno dei due balsamari in vetro. L’intervento, effettuato sia per testare il grado di mineralizzazione del metallo, sia per mettere a punto un sistema di pulitura finalizzato al raggiungimento del livello di lettura ottimale per tutti i chiodi pertinenti alla cassa lignea, ha previsto la microsabbiatura delle superfici con ossido di alluminio a bassa pressione, l’applicazione di un convertitore di ruggine a base di tannino, la disidratazione e l’applicazione di un doppio strato protettivo: resina acrilica e cera microcristallina (fig. 22).


Note sulla tecnica esecutiva della statuina fittile di “gladiatore”

Realizzata a tutto tondo con un impasto fittile depurato di colore rosato, la statuina è stata modellata in matrice bivalve. L’interno risulta quasi interamente cavo, come è possibile osservare all’altezza del braccio spezzato, mentre la linea di giunzione delle due parti, solo sommariamente steccata, risulta ben visibile in corrispondenza del frammento di avambraccio e della testa del gladiatore. L’incisione e il piccolo foro presenti ai lati della testa sono invece da ricondurre a un accorgimento tecnico utilizzato dai ceramisti per evitare il danneggiamento dei manufatti cavi durante la cottura (fig. 23). Sotto la base quadrangolare si osserva una sequenza di impressioni digitali lasciate sull’argilla fresca compressa all’interno della matrice; la dimensione molto ridotta delle impronte lascia aperta l’ipotesi suggestiva che l’artigiano coroplasta potesse essere un bambino (fig. 24). Come lasciano intuire le poche ma significative tracce di colore rosso e verde brillante che si conservano in corrispondenza dell’attacco del braccio destro alla spalla, la statuina doveva essere in origine policroma, analogamente a quanto attestato per altri esemplari di gladiatori. In diversi punti si osservano anche i residui di un ingobbio di colore chiaro, verosimilmente una preparazione a base di latte di calce funzionale alla successiva sovraddipintura, mentre tracce di un rivestimento di colore rosso (ingobbio) steso direttamente sulla superficie fittile sono presenti sia in corrispondenza dell’incarnato del gladiatore, sia sulla superficie esterna dell’elmo. Anche l’elmo crestato è stato modellato con l’ausilio di una matrice, ma con un impasto depurato che differisce leggermente per colore e composizione da quello utilizzato per la foggiatura del gladiatore; la rifinitura è particolarmente sommaria: sei dei dieci fori della visiera sono rimasti ciechi (fig. 25).



Testo di Sara Emanuele; immagini di Sara Emanuele e P.ET.R.A. soc. coop.

* La vetrina espositiva dell’allestimento permanente è stata donata dall’Associazione Amici del Giardinaggio di Padova.
** L’indagine è stata condotta da P.ET.R.A. soc. coop. e da MultiArt soc. coop., sotto la direzione scientifica di Elena Pettenò, funzionario archeologo dell’allora Soprintendenza Archeologia del Veneto.
*** Il restauro, effettuato da chi scrive, si è concluso nel 2014.



Riferimenti bibliografici:

Emanuele S. 2015, Il bambino e il gladiatore. Il restauro del corredo della tomba 19 della necropoli di Corso Vittorio Emanuele II, Padova, in AV 38, pp. 302-319.

Pettenò E. 2013, Il bambino e il gladiatore, in “ARCHEO” n. 9/XXIX, pp. 6-7.

Pettenò E., Michelini P., Benozzi E., Giacomello R., Rossi C. 2014, Padova, Corso Vittorio Emanuele II. Ancora una necropoli: la sepoltura del bambino e il gladiatore, in NAVe 1/2012, pp. 13-21.

Rossi C. 2015, A murmillo clay figurine from a child burial in Patavium/Padova (Veneto, I), in “Instrumentum” n. 42, pp. 24-26.

Rossi C. 2016, Il bambino e il gladiatore. Una ricca sepoltura infantile nella Padova di media età imperiale, in “West & East”, 1, pp. 64-95.

Ultimo aggiornamento

24 Giugno 2021, 17:52