Lo scavo tra via degli Zabarella e via San Biagio a Padova: la rivista Archeo parla del più esteso caso di archeologia urbana degli ultimi anni nel cuore della città

Una complessa stratigrafia, che interessa un ampio orizzonte cronologico (dalla protostoria all’età medievale), è stata individuata nel cuore della città di Padova, tra via degli Zabarella e via San Biagio a Padova. L'esteso caso di archeologia urbana è uno dei protagonisti della rivista Archeo del mese di febbraio 2022.

Data:
16 Febbraio 2022

Lo scavo tra via degli Zabarella e via San Biagio a Padova: la rivista Archeo parla del più esteso caso di archeologia urbana degli ultimi anni nel cuore della città

Una complessa stratigrafia, che interessa un ampio orizzonte cronologico (dalla protostoria all’età medievale), è stata individuata nel cuore della città di Padova, tra via degli Zabarella e via San Biagio, in un settore urbano ubicato in prossimità dell’antica sponda fluviale e dell’area monumentale di epoca romana di Porta Altinate. Avviate in occasione della costruzione di un’autorimessa interrata sul sedime dell’antico monastero di S. Bernardino, le indagini hanno interessato un’area di oltre 2000 mq e sembrano confermare quanto già documentato in contesti di dimensioni piu ridotte, ovvero le dinamiche insediative e di sviluppo urbanistico di Patavium, a partire dalle origini dell’insediamento protostorico.

«La peculiarità del sito – spiega Elena Pettenò, funzionario archeologo e direttore dello scavo – era quella di avere a disposizione un sedime protetto dalla fondazione monastica del 1439 che, pur avendo intaccato nella sua fase fondativa parte delle fasi romane, ha sostanzialmente conservato il deposito archeologico. Questo si è rivelato in tutta la sua complessità in uno scavo effettuato in piú fasi, a partire dal 2008, che si è concluso con l’intervento iniziato nel maggio 2019 e ultimato nel dicembre 2020. Lo studio dei materiali, dei campioni e della sequenza stratigrafica è ancora in corso, ma è possibile proporre una sintesi preliminare e una definizione cronologica basata sui primi risultati dati dal C14. La profondità raggiunta ha permesso di documentare le prime fasi di insediamento collocabili almeno nella seconda metà dell’età del Bronzo Medio. Da questa epoca si sviluppa un impianto caratterizzato da un’organizzazione urbanistica che prevede sia impianti artigianali, sia residenziali, impostati su dossi artificiali prospicienti entrambe le sponde di un canale navigabile attrezzato e divisi da canalette di drenaggio. L’impianto si sviluppò nei secoli con minime variazioni e l’organizzazione degli spazi rimase sostanzialmente invariata fino all’età del Ferro, quando al suo mutamento si associa l’impiego di nuovi e piú solidi materiali per i piani di calpestio.

Dalla seconda metà del III secolo a.C., in piena romanizzazione, si assiste a un profondo cambiamento, che non varia l’orientamento dell’impianto urbanistico, ma riguarda le tecniche costruttive che consentono la realizzazione di edifici di ampie dimensioni, con l’uso della pietra come materiale costitutivo almeno delle fondazioni. Da questo momento l’area si presenta sostanzialmente divisa in due lotti, con destinazioni diverse, separati da una strada che si imposta sul tombinamento del canale navigabile. A sud, vi sono due edifici separati da un vicolo, molto diversi tra loro per impianto e tecnica costruttiva, probabilmente a vocazione residenziale e commerciale; a nord, invece, a ridosso dell’area monumentale di Porta Altinate, sorsero altri due edifici, forse pubblici, con ambienti di grandi dimensioni, che hanno restituito frammenti di intonaci dipinti in primo stile pompeiano.
Al termine dell’età repubblicana l’aspetto dell’area muta, soprattutto nella parte meridionale, dove i due edifici vengono uniti in un unico grande complesso. Vengono quindi realizzate grandi trincee di sostruzione che disegnano un ampio rettangolo, colmate con un deposito su cui impostare il nuovo edificio che solo in parte sfrutta il precedente; infine, la strada viene basolata, e, nella parte settentrionale, si restaurano entrambi gli edifici, senza però mutare l’impianto complessivo.

Da questo momento la lettura delle strutture diventa complessa a causa delle asportazioni correlate alla fondazione monastica. Risultano comunque evidenti alcune variazioni collocabili nel IV-VI secolo d.C. che riguardano principalmente la suddivisione interna degli edifici che restano in uso fino all’Alto Medioevo, momento in cui sono documentate sia variazioni architettoniche –probabile un porticato lungo la via basolata –, sia le prime importanti asportazioni delle strutture di epoca classica. Del tutto residuali sono le evidenze medievali, che nulla aggiungono allo sviluppo urbanistico di questa porzione di città; esse portano direttamente alla fondazione monastica del 1439 dedicata a san Bernardino, ben documentata da fonti archivistiche, impostata su un precedente impianto monastico, forse minore, dedicato a santa Chiara e di cui non si hanno sostanziali notizie. Il monastero rimarrà intatto fino all’occupazione delle truppe napoleoniche, con conseguente demolizione della chiesa affacciata su via Zabarella nel 1810».

Lo scavo, seguito dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso diretta da Fabrizio Magani, è stato eseguito dalla ditta Malvestio snc e condotta da Michele De Michelis.

L’articolo è presente nel numero 444 di febbraio 2022 della rivista Archeo – Attualità del passato

Ultimo aggiornamento

16 Febbraio 2022, 13:38